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UN VIAGGIO CHE (TI) CAMBIA

La mia esperienza a Gornja è iniziata una domenica di settembre dell’anno scorso quando, fra mille dubbi e aspettative, mi sono trovata davanti a quella porta verde. Mi domandavo “Cosa mi ha portato qui?”… in qualche modo sentivo che dovevo esserci, che LORO avevano bisogno di me, che era una tappa obbligatoria del mio essere educatrice. Quanto mi sbagliavo! Dopo poco avrei scoperto che ero io ad aver bisogno di loro, e non sarebbe stata solo “una tappa”, ma qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita. Ma allora, carica di buoni propositi e di ciò che avevo vissuto durante il corso di formazione, sono entrata, mi sono guardata intorno.. e 5 secondi sono bastati a distruggere tutti i miei castelli in aria e le mie convinzioni: “Io sono un’educatrice, cosa vuoi che sia? Sono abituata a vedere certe cose, non sarà niente di difficile.” No, non era per niente uguale alle realtà che già conoscevo, in quei 5 secondi ho capito che niente era come mi ero immaginata. Non avrei mai potuto immaginare che i loro sguardi fossero capaci di rapirmi, e le manine che afferravano il mio camice riuscissero afferrare molto più di me. In un attimo ero lì, con loro e per loro, sconvolta fra sentimenti di paura ed euforia.

1Il giorno dopo, quasi per caso, ho trovato “la mia rosa”, e quei due occhioni azzurri mi hanno fatto capire che non ero lì per sbaglio, che potevo farcela anch’io, ma solo abbassando tutte le barriere, solo se fossi stata me stessa. E quanto ho scoperto in questo castello…

Ho capito che anche un piccolo gesto, se fatto col cuore, vale molto più di qualsiasi altra cosa.

Ho scoperto che la convivenza con altre persone, negli spazi così stretti della casetta, crea legami fortissimi, e fa sì che si provi l’impressione di conoscere da sempre anche chi hai conosciuto solo il giorno prima.

Ho riscoperto le persone con cui ero partita, e in loro ho trovato amici sinceri su cui fare sempre affidamento.

Ho scoperto che le deformità possono sparire, scoprendo dolci sorrisi, e la malinconia e la sofferenza a volte lasciano spazio alle risate.

C’erano giorni in cui la stanchezza era tanta, ma la voglia di vivere con loro ogni momento a disposizione era più forte. Come la seconda volta a Gornja, che ha tutto un altro sapore: ti da modo di capire fino in fondo tutte le dinamiche dell’ospedale, scopri che tutti i pazienti di quell’ospedale sono unici, e ognuno di loro ha bisogno della tua presenza. Questo mi ha portata a dare il massimo ogni giorno, e al momento di scendere in ospedale la stanchezza svaniva, e rimaneva solo l’entusiasmo di poter vivere un altro giorno con le “rose blu”.

Ma una settimana finisce in fretta, specie se vissuta così intensamente, e la “vita reale” aspetta ogni volontario in Italia. Così ho lasciato Gornja, con la sensazione di aver lasciato là un pezzetto di cuore, e la certezza di aver portato via molto di più. E la nostalgia si affievolisce man mano, ripensando alla frase con cui Nina mi ha salutato: “CI VEDIAMO PRESTO!”

                                                                                                                        Debora Busca

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