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Gornja Bistra, il posto dove ho lasciato il cuore

Settembre, 5 anni fa, è diventanto il mese della partenza: era un fatto (quasi) certo che la prima settimana del mese l’avrei vissuta a Gornja Bistra con i miei più cari amici e compagni di viaggio. La chiamavamo “la nostra settimana”.

Quest’anno così difficile e incerto, però, la nostra settimana ci troviamo a viverla con i piedi in Italia e il cuore in Croazia, custodito con cura da manine e manone che, a quest’ora, si sarebbero allungate verso di noi, afferrando i nostri camici. “Teta, aide!”, e via che iniziava una nuova settimana, un’avventura mai uguale nè scontata, con vecchi e nuovi compagni.

Guardando le fotografie dei nostri viaggi è inevitabile provare ancora tutte quelle emozioni, che con l’esperienza sono certamente cambiate e maturate, ma non hanno mai perso la loro incredibile intensità.

Provo l’euforia del viaggio, sempre e rigorosamente accompagnata dalla playlist di canzoni trash di Chiara, mentre ci affidavamo alla guida sicura di Pietro (anche se un po’ di ansia l’avevo comunque).

Provo la commozione dell’arrivo, quando vedevamo aprirsi il cancello dell’ospedale, e piena di felicità pensavo a quanto ero fortunata a poter essere lì, e poter avere un’altra settimana da vivere con le Rose Blu. “A Gornja non si va, ma si torna”, ma non è sempre facile e scontato poter tornare, speciamente quando hai una famiglia di cui prenderti cura: richiede una forte capacità organizzativa, un po’ di fortuna e soprattutto una figlia che capisce perchè la mamma va via per una settimana, ad occuparsi di altri bambini.

Guardo una foto della mia prima settimana di campo permanente: eravamo appena arrivati, dopo un viaggio lungo e movimentato, eravamo stanchi ma sorridenti, davanti alla vecchia casetta, e un raggio di sole tra le nuvole bianche ci illuminava. Non sapevamo precisamente cosa ci aspettava, quanto ci sarebbero diventati cari quei posti e quelle persone, quanto avremmo riso e pianto (a volte anche contemporaneamente), nè quanto forti sarebbero diventati alcuni legami. Nei viaggi successivi avremmo sperimentato tanti modi diversi di vivere quella settimana, ma quella prima volta, come direbbe chi ci aveva formato, eravamo “sparati fuori come dai cannoni”: un gruppo di incredibilmente motivati e un po’ tanto ingenui studenti, futuri educatori, che si preparavano a vivere la settimana che li avrebbe cambiati.

Basta un rumore, un suono, mia figlia che mi chiama, e il sogno svanisce d’un tratto. Poi guardo l’ora: sono a casa mia, è domenica, e sono le 15:30, e un raggio di sole, tra le nuvole bianche, entra dalla finestra… e mi rendo conto che questa lunga pausa, questa dolorosa ma necessaria distanza, prima o poi finirà, e la gioia del ritorno sarà ancora più forte.

Ho sempre pensato che i volontari del Giardino delle Rose Blu, quando vanno a Gornja Bistra, lasciano là un bel pezzettino del loro cuore, e non possono far altro che tornare, e ogni volta scegliere di lasciarlo là, al sicuro, in quello che per molti di noi è il posto più bello del mondo.

Debora Busca

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