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Sarajevo, un inverno che non finisce nemmeno nel 2015

Sono un clown di corsia della Mole del Sorriso e da troppo tempo sento raccontare dal mio compagno di associazione Saccottino storie ed emozioni meravigliose sui viaggi fatti con il Giardino delle Rose Blu: è ora di partire per viverle in prima persona!

Ecco quindi che partiamo assonnati e infreddoliti prima dell’alba da Torino per riunirci a Brescia e poi a Zagabria con tutti i volontari italiani e i due ragazzi croati, Matej e Domagoj. Ancora un bel po’ di strada ci separa da Medjugorje, in Herzegovina, dove il gruppo si arricchisce ulteriormente: si uniscono a noi, infatti, alcuni ragazzi herzegovesi e croati bosniaci e Filip, serbo di Sarajevo.

IMG_6187Non ci vuole molto per innamorarci del nostro gruppo: vario per età, origine, fedi e carattere, ma immensamente desideroso di collaborare e di divertirsi. Si inizia da Domanovici, dove ci dividiamo tra un ospizio di anziani e alcune famiglie rom bisognose che vivono nei dintorni. Altri gruppi, poi, visitano altre famiglie indigenti della zona assistite o che si spera di assistere con il ponte del sorriso.

Non sarebbe possibile racchiudere in parole adeguate le emozioni che abbiamo vissuto: danze (più o meno) sfrenate, lotte all’ultimo sangue con spade di palloncini, carezze, sguardi, discorsi in serbo-croato che sentivi di capire leggendo negli occhi o stringendo le mani, dispense svuotate per noi da famiglie che non avrebbero avuto altro da mangiare, battaglie di palle di neve…

E come trascurare il nostro personale capodanno, festeggiato con gli anziani di Domanovici alle dieci di sera con tutti i crismi, prima che Ivan confrontasse ben due orologi e si rendesse conto che avevamo imposto un fusorario inesistente!

Ma Sarajevo ci attendeva e non potevamo far aspettare oltre una città così meravigliosa: uno straordinario connubio di calda e luminosa bellezza ottomana e rigore austro-ungarico, le cui ferite, inferte dai tre anni di assedio serbo, sono, però, ancora tristemente evidenti e sanguinanti.

Qui siamo alloggiati da Edo, Alma e i loro figli, Emir e Omar, con un calore tale da compensare i -20° gradi esterni! E qui incontriamo Jenny, inglese di Lugano, che, come noi, si occupa di assistere famiglie bisognose tramite progetti di “adozione a distanza”.

Ci dividiamo tra visite alle famiglie e attività nei due ospedali psichiatrici di Drin e Bakovici, dove improvvisiamo palloncini e piccoli giochi di clowneria, ma soprattutto ci divertiamo con i ragazzi, accarezzandoli, ascoltandoli, ballando o disegnando con loro. Il risultato è una straordinaria empatia che non ha bisogno né di parole né di mediazioni, che riscalda e gonfia il cuore di emozioni che non lo abbandoneranno più.

L’ultimo giorno lo dedichiamo a Cerska, enclave bosniaca in area serba, martoriata durante la guerra. Qui alcuni di noi incontrano altre famiglie bisognose, mentre altri giocano con i tanti bambini con i quali si trascorre, durante l’estate, un’intera settimana. Passiamo infine da Srebrenica e il nostro cuore si carica di nuove, tristi, emozioni e di dolorosi e insolubili interrogativi.

Ma se esiste il male, esiste anche il bene e noi in questi dieci giorni l’abbiamo sentito, abbiamo provato a darlo, ma molto di più ne abbiamo ricevuto, in ogni circostanza. E torniamo in Italia nostalgici, ma carichi di gioia e positività per affrontare la routine quotidiana in attesa, naturalmente, di poter ripartire, di poterci far avvolgere ancora una volta dal calore dei Balcani e di poter dare una mano a far spuntare qualche altra rosa nel già rigoglioso Giardino delle Rose Blu.

Francesca Revello

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